
Si potrebbe parafrasare un
successo internazionale del grande bluesman: Napule è.. per tratteggiare
velocemente il mascalzone latino come spesso viene definito.
Pino è
A voce e’ Napule,
Mille canzoni,
Mille liriche,
Tradizione e intuizione musicale,
Blues napoletano,
Grande,
Legato ad un filo,
Il filo si è rotto,
Pino è morto ... ma
Pino è indimenticabile,
Pino è insostituibile,
Pino è… con noi.
Parlare di un artista, un poeta, un cantante, un musicista, un genio che
improvvisamente ci lascia, è difficile. Tante sono le cose da dire. Tanta è
l’emozione che assale e non permette di esprimere tutto e bene. Ma Pino Daniele
è morto ed è impossibile tacere, è impossibile non parlare anche per sommi capi
e raccontare quello che ha fatto, quello che è stato e quello che ha
rappresentato e rappresenterà per la musica.

Giuseppe Daniele nasce a
Napoli nel 1955, in uno dei tanti “vasci”, che caratterizzano la città. Fin da
piccolo ama cantare e suonare. A 13 anni riceve come dono una chitarra. Non la
lascerà più. Studia da ragioniere, si diploma, però la musica è nel sangue. Dopo
il diploma suona in un gruppo, con la sorella di Alan Sorrenti e con Gianni
Nazzaro, ma il Pino Daniele vero nasce con l’incontro di James Senese. Siamo
negli anni ’70, a Napoli nasce e si sviluppa una nuova idea di canzone, un nuovo
suono, un nuovo modo di intendere la musica partenopea. Napoli è una città
addolorata, dolorante e queste emozioni non vanno taciute. Inizia così, Bennato
ne è il precursore, l’allontanamento dai contenuti melodici della canzone
napoletana, dove sogno, amore, cuore, sole, hanno fatto da padrone. Pino porta
qualcosa in più; il ritmo, il suono; esso, infatti, non può essere lo stesso di
prima, le parole sono ironiche, i concetti sono di denuncia: ecco allora il
blues napoletano. Come i neri americani hanno dato vita al blues,
all’improvvisazione, così i “neri” napoletani, discriminati dal Nord, danno vita
al blues Mediterraneo. Ma torniamo a James Senese, famoso nero italoamericano,
che comprende subito, da musicista navigato, che Pino è bravo, è incisivo ed
eclettico, lo aiuta, lo incoraggia e lo vuole nella sua band. Pino entra a far
parte di questa piccola famiglia musicale chiamata “Napoli centrale”, dove
suonano, oltre a Senese, De Piscopo, Tony Esposito e Enzo Avitabile, ecc...

Ma Pino scrive anche
canzoni e musiche e le tiene in tasca, finchè un discografico non gli propone un
album. E’ il1979, (sebbene lui non si senta un cantautore) esce il suo primo
disco. In esso sono contenuti vari brani tra cui “Napule è” e “Terra Mia”, che
dà il titolo all’album. Quest’ultima è una canzone di denuncia sulla situazione
napoletana, scritta come lui stesso afferma, sul divano di casa propria,
cullando il sogno di comporre testi e suonarli con grandi musicisti. Lui è nato
in un “vascio” (basso), lui sa cosa vuol dire la vita di Napoli e le sue canzoni
s’ispirano ad essa, alle cose semplici, alle “cose” che vede e sente per strada,
che così assurgono a simboli, a oggetti di denuncia e a dichiarazioni d’amore
per la sua città come “ ‘O scarafone”, “ ‘Na tuzzulella ‘e caffè”. Ma la musica
di Pino Daniele non è solo blues, è un insieme di tante sonorità, l’etnico, il
melodico, il soul, il jazz, l’arab rock, lui attinge ovunque, dall’Africa al
Brasile, dal Medio Oriente, al Mediterraneo. E’ onnivoro, un esperto che non ha
mai smesso di fare ricerca, da De Roberto, musicologo napoletano, a Fedez, tutto
è interessante, tutto è fonte d’ispirazione, tutto è utile al suo canto.
La sua particolare voce, inoltre, tra il roco, il melodico e il placido, rende
il nostro musicista unico, insostituibile e internazionale.
Sicuramente Pino è uno degli artisti italiani dal respiro più internazionale,
con la voglia e la capacità di unire il global e il local, di usare il dialetto
antiletterario, ma incisivo e di mescolarlo con l’italiano e anche con
l’inglese, lingua internazionale. Per questo non si possono tacere i contatti e
le collaborazioni avute con i più grandi big mondiali; Alphonso Johnson, Wayne
Shorter, apre il concerto di Bob Marley, si esibisce a Cuba, in Canada e all’
Olympia di Parigi.

Che dire del brano Sicily,
scritto con Chick Corea, abile e indiscusso pianista statunitense…?
Tra gli altri grandi citiamo Mel Collins, Pat Metheny, l’indiano Trilok Gurtu,
Noa, Pavarotti e mille altri, per terminare con il duetto del 2011 con Eric
Clapton, amici e vicini anche nella morte. La ricchezza e la veridicità di Pino
ha permesso di lasciarsi contaminare e a sua volta di contaminare tutti e da
tutti riceve amicizia e stima.
Mi piace ricordarlo con i capelli grigi e baffi neri, con un abbigliamento
semplice ed essenziale e con la chitarra tenuta in un modo “tutto suo” come se
abbracciasse la donna che ama, nell’ultima apparizione, avvenuta al concertone
di Courmayeur il 31 dicembre del 2014,quando con generosità e bravura ha cantato
cinque suoi brani.
Molto è stato tralasciato sulle opere, sulle canzoni di Pino Daniele, ma è
difficile racchiudere oltre quarant’anni di carriera, proficua, movimentata e
diversificata, in poche righe...