
Oggi siamo in compagnia
di una pietra miliare della musica italiana. L’Immensità, Canzone, Sognando,
sono soltanto alcuni brani che portano la firma del grande Don Backy,
all’anagrafe Aldo Caponi.
La sua lunga e felice carriera artistica è ormai nota a molti, quindi per
iniziare questa nostra conversazione eviterò le solite domande di rito, che
sicuramente le avranno fatto in molti e le chiedo direttamente di parlarci del
suo nuovo CD uscito a febbraio 2010: “Il Mestiere delle Canzoni”…
“Il Mestiere delle Canzoni”..è il
mio ultimo album; proprio ora mi ha chiamato il mio distributore e ha detto che
il disco era esaurito.
“Il Mestiere delle Canzoni” nasce dalla voglia di farmi un regalo per
festeggiare i miei cinquant’anni di attività. Sono dodici canzoni nuove,
attraverso le quali ho cercato di sottolineare dodici momenti che ritengo siano
stati importanti nella mia storia artistica, sono le rappresentazioni delle
vicende che più mi hanno colpito. La canzone “Alberghi” racconta degli strani
alberghi dove, cinquant’anni fa, muovendo i primi passi in questi ambienti, ci
fermavamo a dormire con i miei amici musicisti, mentre altri momenti e ricordi
nostalgici sono entrati a far parte di diverse miei canzoni; un altro brano “Le
canzoni” è dedicato a quelli che io ritengo, anche se virtualmente, i miei
maestri, qui sono rammentati alcuni nomi che hanno fatto parte della mia storia
e che mi hanno insegnato questo mestiere, Buscaglione, Carosone, Gaber, ognuno
di questi mi ha aiutato a crescere.

Scrittore, poeta,
cantante, attore, disegnatore, compositore, un uomo poliedrico insomma, quale
dote pensa che manchi a questo lungo elenco?
Molte di queste cose non sono vere
e proprie professioni ma, in altri termini, le definirei delle passioni. La mia
vera professione è quella di autore di canzoni, anzi di cantautore, o meglio di
canta-inventore, le altre sono passioni che metto in pratica per il mio
divertimento professionale, come disegnare. Se c’è una professione che viaggia
in parallelo con la mia attività di musicista devo dire che è la scrittura,
potrei affermare che smettendo di essere un cantante, potrei definirmi
tranquillamente uno scrittore, sono stato il primo cantante a pubblicare un
libro nel 1967 per la Feltrinelli.

Che cosa ricorda dei tempi
dei Golden boys?
E’ l’inizio della mia storia
musicale, l’ho raccontata nel mio libro “Questa è la storia”, uscito un anno e
mezzo fa circa. Ricordo con molto amore i componenti del gruppo, perché erano i
migliori che ci fossero in Italia in quel periodo, almeno per quanto riguarda i
gruppi dilettanti. Avevano un artista che era anche il loro cantante
chitarrista, Alberto Senesi, il quale era un numero uno. Purtroppo, in quel
periodo, fine anni 50, non esistevano ancora i talent scout, ognuno si creava
una carriera da solo e lui non ha avuto la fortuna di trovarsi al punto giusto
nel momento giusto. Forse avevamo raggiunto insieme quella meta, eravamo
arrivati ad ottenere una scrittura discografica, ma lui non volle poi proseguire
e si è ritrovato a diventare un commercialista, io invece sono qui da artista.

E’ vero che spesso
l’ispirazione artistica è figlia di luoghi, fermi immagine, fotografie?
Direi sicuramente di sì, qualsiasi
tipo di concetto scaturisce da una riflessione, da un ricordo, da un luogo. Io
amo molto riflettere sul passato, perché l’ho sempre ritenuto una spinta verso
il futuro; tante volte pensando a luoghi, fatti e fotografie, ho trovato ed
estrapolato da questo il concetto per scrivere una nuova canzone. Ciò è accaduto
diverse volte, in particolare viaggiando di notte, quando tornando da un
concerto mi ritrovo a meditare su molti aspetti della vita.

L’amore universale è stato
il tema cardine nei testi delle sue canzoni, fra tutti gli interpreti che hanno
avuto l’onore di eseguire i suoi brani, quali di questi, a suo giudizio ha
saputo interpretarli al meglio?
Ciascuno ha il suo modo di leggere
una canzone e quindi di esprimersi, io dico che così come la interpreta l’autore
della canzone stessa non c’è nessuno che sappia farlo altrettanto bene, non
parlo tecnicamente, perché in questo caso si può sempre migliorare, ma del
sentire, del punto di vista concettuale. Per esprimere un giudizio bisognerebbe
interpretare il sentire individuale di ciascuno, Mina sente differentemente da
Francesco Renga “L’immensità” quando la canta, pertanto dovrei star lì a
sottolineare le qualità di ciascuna incisione. Ognuno la esegue come meglio la
sente.

Parliamo di Don Backy scrittore e
del libro, Storia di altre storie: (1970 - 1980)…
“Storia di altre storie” è il
seguito di “Questa è la storia”, che è una biografia dal 1945 al 1969, chiamarla
libro è un po’ riduttivo, perché è un progetto e sarà una trilogia. “Storia di
altre storie” narra di un periodo che va dal 1970 al 1980 e ora stiamo iniziando
la scrittura dell’altro volume, il terzo, che andrà dal 1980 al mio periodo
attuale. Questa trilogia è un racconto, un viaggio, scritto sotto forma di
romanzo, non è propriamente una biografia, né un’autobiografia, perché è scritta
in terza persona e chi narra è un jukebox, come si evince dal sottotitolo
“Memorie di un jukebox”. La trilogia narra la vicenda di un ragazzo che intorno
alla metà degli anni ‘50 decide di intraprendere un viaggio, che ha come meta
quella di divenire importante e ottenere successo come cantante e autore di
canzoni, a tutto questo viaggio fa da sfondo un’Italia in bianco e nero, che non
c’è più, ma che serve a colorare, paradossalmente, i momenti topici
dell’avventura di questo giovane; non è soltanto la storia di un ragazzo, ma
anche del sociale, di un periodo storico di cinquant’anni. La trilogia non è
soltanto libri in prosa, ma è corredata da una messe vastissima di documenti,
fotografie, brani di canzoni, lettere di Mario Riva, Celentano, Giorgio Gaber.
Ricordo quel periodo perché ho avuto la fortuna di conservare tutte le agende
dal 1955 fino ai giorni nostri ed è su quelle che io ho elaborato questa mia
storia.

Come nasce la passione per
il cinema e come mai non ha più continuato con la recitazione?
Perché come dicevo prima non le ho
sentite come professioni, ma come passioni. La separazione è stata consensuale,
io non ho fatto niente per separarmi dal cinema, ma neanche per restarvi, io
sono un tipo un pò strano, non corro dietro a nessuno. Quando ho visto, sentito
e capito che il cinema si allontanava dai personaggi che venivano utilizzati in
quel periodo per la loro fama, io ho fatto altrettanto seguendo la mia strada.

Tornando al cinema, nella
sua carriera, ha avuto modo di lavorare a livello cinematografico con grandi
artisti, quale piacevole aneddoto ricorda affettuosamente?
Aneddoti ne ho tanti da raccontare
e molti artisti hanno fatto parte della mia storia, del mio vissuto. Ricordo di
aver passato tanti momenti con Gian Maria Volonté, ho partecipato con lui a ben
due film di seguito: “I fratelli Cervi” e “Banditi a Milano”, questo ha fatto in
modo che molte cose nascessero in quel periodo dalla nostra amicizia e
collaborazione. Ho vissuto con Gian Maria la sera precedente la mia decisione di
uscire dal clan, eravamo al Piccolo teatro a Milano ad assistere a una
rappresentazione, sono successe delle cose nel frattempo, quando sono uscito dal
teatro ho scelto di prendere in mano il mio destino. Gianmaria ha contribuito
molto a darmi quella spinta ad uscire dal clan. Nei miei libri sono raccontati
bene tutti gli aneddoti più importanti, questi libri si possono trovare nelle
librerie più famose, come Feltrinelli. Vi potete connettere al sito
www.donbacky.it e richiedere il libro, noi facciamo anche spedizioni.

Che effetto fa riascoltare
un brano come L’Immensità, rilanciato dal gruppo dei Negramaro?
Fa un bellissimo effetto. L’hanno
talmente stravolta, ma ho avuto modo di apprezzarla anche in quell’arrangiamento
molto particolare. Quando senti 30.000 ragazzi in uno stadio che intonano i
versi de”L’immensità”, una canzone che ha quarantatre anni, non puoi che
sentirti orgoglioso di averla scritta. Francesco Renga l’ha inserita nel suo
ultimo lavoro e Monica Naranjo una famosissima cantante spagnola mi ha fatto
un’impressione molto bella e apprezzabile cantandola.

Fra le giovani leve, a chi
vorrebbe far cantare oggi un suo brano in chiave più moderna?
Non lo so, tutti quanti possono
cantare i miei brani, che invecchiano soltanto nella ritmica, ma i concetti sono
estremamente moderni. “Sognando “ che è una canzone sul disagio mentale, scritta
nel 1961, esprime concetti sempre attuali e può essere continuamente adattata
all’attualità, potrà essere cantata anche fra trent’anni. La ritmica è
tranquillamente plasmabile alle esigenze più moderne. Così vale per altre
canzoni: “L’amore”, “Poesia”, “L’artista”, che sono brani eterni, perché sono i
concetti a renderle così. E’ sempre il concetto che fa la modernità delle
canzoni, non la ritmica.

Ha mai pensato d’incidere
classici della musica napoletana?
Io ho vissuto per quasi quindici
anni a Castellamare di Stabia, mio padre lavorava lì quando ero piccolo e
pertanto io parlo benissimo anche il campano. Ho in mente di voler realizzare un
cd di canzoni napoletane, non sono i classici, ma ho nel cuore canzoni della
prima metà degli anni cinquanta, sconosciute alla maggior parte della gente, che
sono nella memoria solo di persone di una certa età e sono convinto che queste
canzoni possano piacere a un grande pubblico, non solo quello napoletano.

Lei è un personaggio amato
da molti, che ricordi ha della ragazza che si laureò con 110 e lode presentando
la tesi: “ Biografia di Don Backy, dalla seconda guerra mondiale al trionfo del
pop”?.
Ho un ricordo davvero sempre molto
piacevole, è una ragazza per bene, molto carina, si è dedicata interamente a
questa sua tesi ed io credo di averla aiutata, veniva spesso dall’Aquila a casa
mia e dopo lunghissime interviste io provvedevo a fare correzioni ai suoi
scritti. Quando diede la tesi sedetti in cattedra con i professori che la
esaminavano, mi sentii molto orgoglioso, alla fine mi regalò la sua tesi, una
specie di vocabolario di più di 500 pagine con tanti grafici. So che la ragazza
ha trovato poi una sua collocazione professionale.

Perché proprio Don Backy?
Come nasce la scelta di questo nome d’arte?
Sarebbe veramente lungo raccontarlo
, comunque Ricky Gianco, Guidone e altri che facevano parte del Clan decisero di
cambiare il mio nome d'arte che era Agaton in quello di Don Backy .Rimando al
mio libro, “Questa è la storia”, il primo volume della mia trilogia, per
maggiori informazioni.
Ha da poco festeggiato i
cinquant’anni di carriera, desideri e speranze di ciò che
ancora resta irrealizzato?
Desideri ormai ne ho pochi, a
cinquant’anni credo di averne esauditi parecchi, ho sempre a cuore di scrivere
canzoni, di incidere e di raggiungere il numero più grande possibile di persone,
poi nel cuore c’è sempre il sogno di realizzare un film tratto dalla mia storia,
che ritengo meriti di essere raccontata, perché è stata una storia magica, come
chiunque può rendersi conto leggendo i miei libri. Questo è un sogno che spero
di vedere realizzato prima, o poi al cinema.

Sicuramente ha viaggiato
tanto, ma oltre al luogo nel quale abitualmente vive, dove si sente sereno,
appagato e a suo agio?
Dopo cinquant’anni di vita
errabonda, ho sempre trovato un’ancora nella mia casa, dovunque essa sia stata,
comunque di recente torno sempre più spesso al mio paese, dove ho mia sorella e
i miei nipoti, oltre naturalmente ai miei amici, questo mi è sempre molto
piacevole.

Se dovesse ricevere un
regalo che cosa vorrebbe ricevere?
La possibilità di avere per un’ora
la capacità di cambiare qualcosa nel mondo.

Grazie Don per averci
raccontato questo meraviglioso spaccato della sua vita d'artista.
Grazie a voi, a risentirci presto.
<