
Da Padre Davvero, brano
che suscitò all’epoca molte polemiche, scritto per l’indimenticabile Mia
Martini, ad Anima Mia, per il leggendario gruppo dei Cugini di Campagna, fino a
giungere alle più recenti collaborazioni artistiche con personaggi del panorama
musicale italiano, come Mietta e Nek…
Antonello De Sanctis, da famoso paroliere, a scrittore. Hai pubblicato il libro:
“Non ho mai scritto per Celentano” e a breve vedrà la luce il tuo nuovo romanzo:
“Oltre l’orizzonte”… parlaci un po’ di questo ultimo lavoro letterario.
“Oltre l’orizzonte” uscirà a
maggio. E’ una grande, estrema storia d’amore che non anticipo per consentire ai
lettori di entrare pian piano nelle pagine. Mi piace però trasferire qui un
piccolo passaggio per dare il senso della tenerezza che, nel mio scrivere, il
petto ha dettato alle mani:
“Per un bambino la madre è quella che lo sveglia la mattina con un sorriso e lo
affida alla notte raccontandogli una favola, è quella che lo cura se ha la tosse
e gli scompiglia i capelli quando è triste.
Per un bambino la madre è per sfogarsi, protestare e andarsene in un’altra
stanza con la certezza che potrà sempre tornare da lei. La madre è spegnere gli
sguardi su sguardi conosciuti, è essere rimproverato e poi abbracciato perché
non è successo niente, è un petto per poggiarci la testa ed essere felici.
Per un bambino la madre è quella che c’è…”
Aggiungo soltanto che, anche in considerazione dell’argomento trattato,
devolverò parte dei miei proventi alla ricerca per il cancro gettando così un
ponte solido tra le mie emozioni e il grande giardino della solidarietà.

C’è un filo conduttore in
ciò che scrivi, che rimanda a qualche poeta, o scrittore famoso?
Amo Hemingway, Bukowsky, Prevert,
Neruda, ma il mio scrivere è figlio di una sola, grande madre: la mia vita.
Tu nasci a Roma, ma hai vissuto molto a Rieti (dove, ironia della sorte,
attualmente ora vivo anch’io) con i tuoi nonni, che ricordi hai di quegli anni?
Ho un’affezione totale per quella
città. Non riesco a dimenticare l’odore delle stradine e delle case vecchie, ma
quello che più mi è rimasto dentro è lo scorrere incessante del Velino che
guardavo dal terrazzo della mia casa in Via Crispolti imparando la forza pacata,
la seduzione e la lealtà del fiume.
Gianni Morandi, Alex Britti, Raffaella Carrà, Rino Gaetano… eppure, so per
certo, che c’è stata senza dubbio una grande artista che ti è rimasta nel cuore,
mi riferisco a Mia Martini. L’incontro con Mimì e i ricordi più belli che ti
legano a questa fantastica interprete?
Quando scrissi “Padre davvero”, non
conoscevo ancora Mimì. C’incontrammo negli studi dell’allora Rca ed entrammo
subito in una sintonia che sarebbe rimasta intatta nel tempo, anche se avremmo
intrapreso percorsi diversi. Dopo oltre vent’anni le nostre strade
s’incrociarono ancora e lei cantò, da grande qual era, “Col tempo imparerò”, un
mio brano che sarebbe uscito postumo. Era un testo molto introspettivo dove non
c’erano tracce della rabbia che aveva ispirato “Padre davvero”, testimoniava
invece un mondo più maturo nel quale lei s’immerse ritrovando le stesse
lunghezze d'onda dei nostri inizi. L’allontanarci non aveva spezzato il filo di
un’affinità che aveva del magico.

Come nasce l’ispirazione
per scrivere un pezzo capace di giungere al cuore della gente?
Per quello che mi riguarda, tutto
scaturisce dalla voglia di scavarmi dentro e dalla spudoratezza di raccontarmi
senza schermi o difese.
Il darmi incondizionatamente è un tacito patto che ho stretto con me stesso, non
faccio uso di particolari tecniche nell’elaborare un testo e questo la gente lo
percepisce, credo. Ecco, mi guidano ancora i valori che mi ha insegnato il
fiume.
Negli anni ottanta getti via la penna e diventi educatore in un carcere
minorile. Come mai quest’improvviso cambio di rotta? Cosa succede?
Negli anni ‘70 ho avuto molto dalle
canzoni in termini di soldi, successo, consensi.
Ho faticato a ottenerli, e non poco, perché sono sempre stato fuori dal coro, ma
il prezzo più grande che ho dovuto pagare al sistema è stato il perdere di vista
me stesso perché quel mondo ti fagocita, ti toglie il respiro. Stare in mezzo ai
problemi di quei ragazzi mi ha invece aiutato a recuperare la giusta dimensione
delle cose. Ho cercato di trasferire loro, in cambio, il rispetto per la libertà
e per se stessi che quelle mura gli stavano togliendo di mano giorno dopo
giorno.

Nel tuo sito web, www.antonellodesanctis.com, nella sezione: “Quelli che ho
sfiorato”, compaiono alcuni nomi di artisti famosi. Ci puoi spiegare meglio di
cosa si tratta?
“Ci sono artisti con i quali ho
avuto modo di collaborare, cantanti della vecchia e della nuova generazione, le
cui carriere ho solo rasentato mentre mi sarebbe piaciuto avere con loro un
rapporto più profondo non solo perché ne apprezzavo il talento, ma anche per
affinità caratteriale e consonanze…” scrivo in quella sezione del mio sito.
Ed è così. Gli interpreti che menziono in quel luogo li percepivo a pelle e mi
sarebbe piaciuto condividere con loro un progetto ad ampio respiro. Peccato,
avremmo fatto grandi cose insieme.
Tornando al libro: “Non ho mai scritto per Celentano”, perché proprio Adriano,
pur essendo un grande artista? Voglio dire, di grandi ce ne sono tanti, perché
l’hai intitolato al “molleggiato”?
Chi scrive testi è abituato a
seguire l’eufonia delle parole. Amo particolarmente i suoni che evocano la
natura, le stagioni, la pioggia, il battito del cuore… Adriano Celentano, oltre
a essere un’icona dello spettacolo, ha un nome rassicurante che sa di mare
calmo, un nome che vibra bene.

Un interprete con il quale
ti sarebbe piaciuto avere un sodalizio artistico?
Bisognerebbe trasferirsi
all’estero: Sinatra, Elvis, Leo Ferrè, Aznavour, ad esempio. Per restare in
Italia invece, le mie preferenze vanno a De Andrè, Vasco, De Gregori. Artisti
insomma che hanno cose da dire e che le dicono bene, cavolo se le dicono bene!
Nel 2008 è stato pubblicato il libro di successo “ Io di più, di più, di più”,
di tua figlia Valentina…come dire… la figlia che segue le orme del padre, magari
anche come paroliere?
Fortunatamente quest’anno Valentina
è impegnata con la licenza liceale e ha provvisoriamente lasciato da parte la
penna. E’ talmente brava che stava costringendo il padre a seguire le orme della
figlia, altroché. Testi per il momento non pensa di scriverne. E meno male,
farebbe di me un disoccupato, mi sa.

In futuro pensi di continuare a scrivere testi per altri interpreti?
Il lavoro di paroliere non me lo
vado a cercare ma se mi cerca lui, mi trova.
Vero è che sono impegnato a seguire la diffusione di “Oltre l’orizzonte”. Lo
affiderò al respiro lungo del web che, sono certo, saprà rispondere alle mie
aspettative. E’ questa la sfida alla quale tengo di più in questo momento.
Antonello, il nostro incontro termina qui. Grazie per avermi concesso questa
piacevole intervista e in “bocca al lupo” per l’uscita del tuo nuovo libro.
Grazie a te.
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