
Roma, Complesso del
Vittoriano 9 ottobre 2009 - 7 febbraio 2010
Dada e surrealismo riscoperti al Complesso del Vittoriano sono presenti oltre
500 opere tra oli, sculture, readymade, assemblaggi, collage, disegni
automatici, la mostra ripercorre interamente la nascita, il susseguirsi dei
manifesti e delle principali mostre, l’estetica dei tanti protagonisti di queste
correnti. Tristan Tzara che è il padre fondatore del dadaismo scrive nel
“Manifesto Dada” del 1918 “Dada non significa nulla” e “ l’opera d’arte non deve
essere la bellezza in se stessa perché la bellezza è morta”, queste parole ci
aiutano a comprendere le caratteristiche del movimento: il rifiuto di ogni
atteggiamento razionalistico, la maniera provocatoria di afferrare il reale e il
desiderio di distruggere le convenzioni borghesi intorno all’arte per poter
creare una nuova arte coincidente con la vita stessa, non disgiunta da essa.

Molti ritengono che
all’origine del termine vi sia il nonsenso, altri che risalga all'uso frequente
della parola da (sì in rumeno) utilizzato dagli artisti rumeni Tristan Tzara e
Marcel Jancoma. Secondo altri la parola Dada è stata rinvenuta casualmente da
Tristan Tzara l’8 febbraio 1916 alle sei di sera nel vocabolario Larousse, o si
racconta che un tagliacarte sia scivolato casualmente tra le pagine del
dizionario. Per ogni cosa che l'arte sostiene, Dada rappresenta l'opposto. Se
l'arte presta attenzione all'estetica, Dada ignora l'estetica; se l'arte lancia
un messaggio implicito attraverso le opere, Dada tenta di non avere alcun
messaggio, infatti l'interpretazione di Dada dipende interamente dal singolo
individuo; Il Dadaismo è rivolta, è antiartistico, antiletterario, antipoetico,
è un tratto o una disposizione dello spirito. Ciò che interessa Dada è il gesto
più che l’opera e tale gesto deve essere sempre provocazione contro il
cosiddetto buon senso, contro l a morale, contro le regole, contro la legge; Le
opere più rappresentative di questa corrente artistica sono la “Ruota di
bicicletta” di Duchamp, la lapidaria “Fontana" e la celebre Gioconda ritratta
con i baffi in “L.H.O.O.Q”.

Breton definì in questo
modo il surrealismo, nel primo Manifesto surrealista del 1924: “Automatismo
psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o
la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del
pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di
fuori di ogni preoccupazione estetica e morale”. Il pensiero surrealista si è
affermato come ribellione alle convenzioni culturali e sociali, la sua poetica è
quella della trasformazione di tutti gli aspetti della vita, attraverso la
libertà di costumi, la poesia e l'amore. "Trasformare il mondo, ha detto Marx,
cambiare la vita, ha detto Rimbaud. Queste due parole d'ordine sono per noi una
sola" (André Breton). Gli artisti surrealisti abbracciarono spesso il comunismo
e l'anarchismo. Il percorso espositivo testimonia l’evolversi del movimento e il
contributo degli artisti surrealisti alla sua estetica.

Ci sono le opere degli
artisti surrealisti che parteciparono alla prima collettiva surrealista
inaugurata alla Galerie Pierre di Paragi 1925, quelli presenti alla più
importante antologica surrealista allestita nel periodo tra le due guerre che si
tenne alle New Burlington Galleries inaugurata l’11 giugno 1936. Il cammino
espositivo prosegue ripercorrendo attraverso i suoi protagonisti, le tre
importanti collettive del dopoguerra, che testimoniano lo sviluppo e la
diffusione internazionale del Surrealismo. La prima si svolse nel giugno 1947
alla Galerie Maeght di Parigi; dodici anni dopo, dal 15 dicembre 1959 al gennaio
del 1960 si svolse alla Galerie Daniel Cordier di Parigi, curata da Bretone
Duchamp e la celebre Exposition Internationale du Surrealisme; conclude il
percorso espositivo l’ultima collettiva surrealista, L’Ecart absolu, del 1965
diretta anch’essa da Breton e che precede di nove mesi la morte del fondatore
del surrealismo.

Possiamo ammirare Joan
Mirò nel suo allucinato universo parallelo formato da geometrie colorate sospese
che ricerca l'interiorità delle cose con una crescente forma d’astrazione. Max
Ernst che ricerca le profondità dell’essere umano nell’illogica forma delle sue
composizioni, Magritte che utilizza la poetica dello spostamento del significato
e del senso e utilizza accostamenti inconsueti e deformazioni della realtà.
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