
Risponde il Prof. Danilo
Mauro Palladino
Dipartimento di Scienze della Terra
Università di Roma-La Sapienza
Prof. Palladino, secondo lei, si può effettivamente prevedere un terremoto?
La previsione sismica è
basata sulla valutazione della pericolosità sismica, ossia la probabilità che in
una certa area si verifichi un evento di una data scala in magnitudo, entro un
determinato periodo di tempo. Quindi, in termini probabilistici, direi di sì.
Si può conoscere il momento preciso, o il periodo in cui si è a rischio
terremoto?
Il momento preciso, no. La
previsione è essenzialmente una questione di probabilità. Esistono dei
precursori, dei segnali che alzano il livello d’allarme, ma dire esattamente che
sta per avvenire entro un giorno, una settimana, o un mese, è impossibile allo
stato attuale delle conoscenze.
Ci può spiegare perché l’area interessata è diventata improvvisamente instabile
da un punto di vista sismico?
Esistono delle zone particolari,
dette sismogenetiche, caratterizzate da faglie attive. Lungo un piano di faglia
si verifica la rottura di una massa rocciosa con scivolamento delle parti a
contatto. Una data faglia è caratterizzata da un periodo di accumulo di energia
elastica; superato il carico di rottura delle rocce, la faglia si muove,
liberando improvvisamente l’energia accumulata sotto forma di vibrazioni
sismiche.
E tutto ciò è possibile calcolarlo approssimativamente?
Per questo esistono i cataloghi
sismici, basati sulle testimonianze storiche, le registrazioni strumentali e le
osservazioni geologiche. In paesi come l’Italia esiste una dettagliata
registrazione degli eventi, dalla quale si può osservare che in una data area,
statisticamente, esiste una certa periodicità, o per lo meno ci sono dei tempi
di ritorno caratteristici del sisma. Ad esempio, si può dire che una determinata
area, mediamente ogni qualche centinaio di anni, può essere colpita da un
terremoto di una certa magnitudo; quindi esiste una ricorrenza, proprio perché
una faglia si deve ricaricare di energia, che poi rilascia attraverso un grande
evento sismico, o più eventi di magnitudo minore.

Secondo lei, ci potrebbe
essere un collegamento fra il sisma e l’eruzione di un vulcano, come per esempio
il Vesuvio, o l’Etna?
A scala più ampia, c’è un
collegamento fra sismicità e vulcanismo: infatti spesso regioni sismiche sono
anche regioni vulcaniche, ma non è propriamente un collegamento diretto di
causa-effetto. Tuttavia è possibile che un grande evento sismico inneschi
un’eruzione in un vulcano vicino. Esiste anche una sismicità indotta da
un’eruzione, ma con caratteristiche diverse; i sismi relativi ai vulcani vengono
chiamati tremori vulcanici.
Cos’è un precursore sismico?
Per precursori sismici, si indicano
quegli eventi che preannunciano un’elevata probabilità che si stia per
verificare un grande terremoto. Uno di questi segnali, per esempio, può essere
il radon. Dal monitoraggio del radon dal suolo e dalle acque si è osservato che
prima dei grandi terremoti si ha un aumento, un picco, nell’emissione di radon.
Potrebbe gentilmente spiegarci meglio il significato del radon e quale attinenza
ha con un sisma?
Sì, è un elemento gassoso che si
trova nel sottosuolo e viene emesso diffusamente sia dal suolo che dalle falde
acquifere. Esiste normalmente un rilascio di fondo di radon; in prossimità di un
terremoto, sembra che effettivamente aumenti la concentrazione di questo gas.
Spesso però questa è una previsione a posteriori; nel senso che soltanto dopo
l’evento sismico ci si rende conto dell’esatta relazione fra andamento della
concentrazione di radon ed evento sismico. Inoltre non si può stabilire con
precisione in che luogo avverrà il sisma, che potrebbe essere anche piuttosto
lontano, né la magnitudo. Per esempio, nell’area romana è stato osservato un
innalzamento del radon anche in concomitanza con un recente terremoto in
Romania, ma naturalmente non è stato possibile stabilire un rapporto diretto né
tanto meno individuare in anticipo la localizzazione del terremoto.
Quali sono le realtà più a rischio nel nostro Paese?
Tutta la zona interessata dalle
catene montuose: le Alpi e in particolare l’Appennino. Escludendo la Sardegna e
la zona centrale della pianura padana, direi tutta l’Italia: le aree a maggior
rischio sono la Sicilia, la Calabria, l’Appennino Centrale, dalla Campania fino
ad Abruzzo, Marche e Umbria.

Quindi possiamo escludere
le grandi città, come la capitale e le importanti città del Nord, come Milano?
Diciamo che non sono sede di
terremoti, ma possono risentire di quelli che si verificano ad una certa
distanza, come del resto la storia c’insegna. Roma più volte ha subito
terremoti, anche abbastanza devastanti, nonostante non sia epicentro di
terremoti.
Per quanto riguarda le zone di mare, nel caso in cui dovesse verificarsi un
maremoto, potrebbe esserci anche in questo caso, un’attinenza con il terremoto?
Certo, come si è già verificato con
il famoso terremoto di Messina, all’inizio del ‘900, che ha innescato un vero e
proprio tsunami catastrofico. Questo fenomeno interessa le zone dove le faglie
si trovano in prossimità della costa, o sott’acqua, come appunto lo Stretto di
Messina, che è fra le aree potenzialmente più pericolose in Italia. Ciò è
avvenuto più volte e purtroppo continuerà ad avvenire in futuro.
Siete già riusciti a stimare in termini di tempo quando potrebbe accadere?
Sì, ci sono delle simulazioni, che
ci permettono di osservare gli effetti di un evento del genere, partendo da
certe faglie localizzate in determinate zone. Ciò è stato effettuato sia per gli
eventi di maremoto indotti da eventi sismici, che per quelli collegati ai
vulcani costieri o insulari, come per esempio quelli delle Isole Eolie, che
possono essere soggetti a collassi di versante. Anche qui, i tempi di ricorrenza
sono di diversi secoli, su base statistica.
L'Italia non è nè il Giappone, nè gli Usa, ma il Paese di antichi centri
storici. Renderli antisismici è possibile? Cosa suggerisce in proposito?
Qui il discorso è molto lungo, mi
limiterò a fare una breve considerazione. Il rischio sismico è definito da tre
componenti: la pericolosità sismica, che è la probabilità che si verifichi un
certo evento sismico entro un determinato periodo di tempo, e questo lo può
decidere soltanto la natura; pericolosità sismica che va moltiplicata per il
valore esposto e la vulnerabilità. Per valore esposto s’intende la popolazione e
i beni che si trovano in un determinato territorio, la vulnerabilità è quella
parte del valore esposto che andrebbe perso in caso di un evento sismico. Non
possiamo agire sulla pericolosità sismica, ma possiamo agire sul valore esposto,
cioè su quanti beni e popolazione esponiamo in una zona a rischio, ma
soprattutto si tratta d’intervenire sulla vulnerabilità. Teoricamente potremmo
costruire in maniera invulnerabile nei confronti di un sisma di magnitudo 5,8;
sarebbe possibile edificare in maniera che non si verifichi nessun danno
significativo. Il discorso della messa in sicurezza è più difficile per i centri
storici, ma è anche vero che edifici d’interesse storico sono spesso
sovradimensionati nelle loro strutture portanti, come per esempio i castelli e
le grandi chiese gotiche, realizzati in maniera tale da poter resistere ai
terremoti e che in effetti, resistono in linea di massima ancora oggi. Per
quanto riguarda il centro storico dell’Aquila, invece abbiamo visto costruzioni
crollare, malgrado siano state edificate in tempi recenti.

In questi giorni, non si
fa che parlare del ricercatore Giampaolo Giuliani e delle sue vere, o ipotetiche
teorie inerenti alla predizione del terremoto in Abruzzo. Secondo lei, gli
organi competenti dovrebbe prendere in considerazione allarmi di questo tipo?
In questi casi, è importante che
alla Protezione Civile giunga un unico messaggio certo da parte della comunità
scientifica. Ci vuole un’unità di pensiero, è assolutamente fondamentale
un’unica direttiva, che probabilmente non sarà nemmeno quella più giusta, però
questo è molto importante per evitare il caos. Caso mai, il dibattito andrebbe
svolto all’interno della struttura preposta, in questo caso l’INGV (Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e di seguito andrebbe emesso un unico
messaggio alle autorità competenti. Per quanto riguarda il caso specifico del
ricercatore Giuliani, non conosco esattamente i dettagli della sua previsione. E
comunque, a mio parere, la previsione non è nemmeno l’aspetto più importante,
perché ammesso che fossimo veramente in grado di dire - “sta per verificarsi un
terremoto!”- cosa faremmo? Il giorno esatto e la magnitudo resterebbero comunque
incerte. Quanto dovrebbe essere grande l’area da sgombrare? Dovremmo sgombrare
un’area vasta quanto l’Abruzzo dieci giorni prima? un mese prima? che si
verifichi l’evento. Lo sciame sismico precursore potrebbe durare anche dei mesi
prima della scossa principale…
Quindi, tornando al discorso di prima, l’unica prevenzione che si può fare
riguarda essenzialmente il discorso qualità a livello di progettazione, per la
costruzione delle abitazioni civili?
Sì, esatto. Prima ho parlato di
pericolosità, vulnerabilità e valore esposto. Si può agire sul valore esposto
evitando di continuare ad aumentare valore nelle zone potenzialmente a rischio,
o comunque intervenire sulla vulnerabilità e cioè rendere meno vulnerabili
questi edifici. Non possiamo tanto basarci sulla previsione, danneggiare
l’economia di una zona facendo evacuare un’intera popolazione in ogni caso di
presunto allarme: Ma prendiamo esempio da altri Paesi del mondo, come il
Giappone, dove ci sono terremoti di magnitudo ben superiori a quelle di casa
nostra, eppure i giapponesi si sono abituati a conviverci, cercando di
minimizzare i danni.
Senza voler entrare in discorsi d’interessi, secondo lei, perché in Italia non è
stata ancora presa in considerazione la sperimentazione di realizzare abitazioni
ad alto livello antisismico, come per esempio ha fatto il Giappone?
Guardi…in realtà la normativa
esiste ed è anche all’avanguardia a livello mondiale, il problema è che non
viene seguita. Buona parte dell’edilizia nostrana, o è edilizia abusiva, o
comunque c’è di mezzo il dolo. Inoltre molta dell’attività edilizia è
controllata dalla mafia, dalla camorra, quindi sfugge al controllo della legge.
Gli scienziati che sono giunti all’Aquila, cosa esamineranno di preciso?
Dal punto di vista strumentale
stanno studiando le sequenze sismiche. Ogni terremoto ha una sua caratteristica
successione di eventi, quindi si studiano gli sciami sismici, le scosse di
assestamento, per vedere come una certa quantità d’energia viene rilasciata, se
attraverso più eventi di magnitudo considerevole, oppure un grande evento
preceduto e seguito da lunghi periodi di sciami sismici. Poi si studiano gli
effetti di sito, cioè andando a vedere nel dettaglio come, a una determinata
scossa, reagiscono le diverse zone di un territorio, in relazione alla
topografia e al tipo di costruzione.

In questi ultimi giorni si è
parlato di uno spostamento dello sciame sismico. In che zona si starebbe
dirigendo?
Oltre al monitoraggio di un sisma,
quindi seguendo strumentalmente l’evoluzione dell’evento e osservandone gli
effetti, c’è un altro tipo di studi di tipo geologico, in cui si analizzano le
faglie potenzialmente sede di terremoti, e che lo sono state nel passato:
comunque ogni faglia è una testimonianza geologica di uno spostamento di masse
rocciose. Si può seguire l’andamento di una faglia, la sua estensione e il
rigetto, cioè di quanto si sposta, che può essere di centimetri, o anche di
qualche metro. Una faglia può rilasciare la sua energia lungo tutta la zona in
cui è attiva. Se singole faglie, o più spesso sistemi di faglie, sono molto
estesi, l’ipocentro può migrare geograficamente.
E in questo caso, in che punto cardinale possiamo dire che si stia dirigendo?
C’è stato uno spostamento degli
ipocentri da Sud- Est verso Nord-Ovest, direzione piuttosto comune facendo
riferimento alle faglie dell’Appennino centrale.
Che consiglio si sente di dare alle autorità italiane?
Le autorità italiane dovrebbero
intervenire in anticipo. Noi sappiamo già quali sono i comuni a maggior rischio
sismico. Bisognerebbe fare adesso i controlli, non dopo, quando ormai è troppo
tardi. In anticipo valutare qual è lo stato attuale del patrimonio edilizio e di
conseguenza provvedere all’adeguamento delle strutture ed eventualmente ad una
sistemazione provvisoria per gli abitanti più a rischio.

Prof. Palladino, la ringraziamo per averci dato delle importanti delucidazioni.
La ricontatteremo sicuramente nel prossimo futuro per approfondire meglio
l’argomento. Con l’occasione, porgiamo a lei e famiglia i nostri più sentiti
auguri di una Buona Pasqua.
Grazie, altrettanto a lei.
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