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C’era stato tra Serena e Max uno
scambio di mail in un crescendo modulato di reticenze, cortesia e poi piano,
piano, un avventurarsi in un linguaggio più confidenziale; un tentativo, un
azzardo di parole più calde, diminutivi… Poi all’improvviso il suo viso
stranamente giovane sorridente, in un abbigliamento sportivo elegante, molto
ricercato e poi la voglia di vedere il suo sorriso a pochi millimetri dal mio.
Forse era meglio non vedere subito Max, potevamo rovinare la magia che si era
creata intorno a noi, impensata. Dovevo a lui, questa donna nuova che ancora non
aveva un nome preciso. Solo da lui aspettavo che pronunciasse quello giusto,
quando sarebbe comparso davanti ai miei occhi, all'angolo della piazza, dove ci
eravamo dati appuntamento quel venerdi pomeriggio. L'incontro era alle 16.00, ma
il traffico del fine settimana, mi portò a tardare di un quarto d'ora e lui era
già lì che mi aspettava con ansia. Intanto mi domandavo se gli sarei piaciuta
così vestita. Non ero frutto di nessuna fantasia, ero io, in carne ed ossa,
pronta ad accoglierlo. Mentre percorrevo in auto il tragitto che mi avrebbe
condotto all'appuntamento, osservai i volti dei passanti; occhi che esprimevano
un miliardo di buchi neri senza ritorno, una rassegnazione completa a non osare
nemmeno di essere un pò felici nella monotonia dei giorni e degli orari tutti
uguali, semmai seduti ad attendere coincidenze monotone e agghiaccianti. Mi era
sembrato il simbolo di coloro che non lottano per dare un senso alla loro vita e
non si sforzano di conoscere se stessi e non sprecano il tempo per farlo. Ero
lì, proprio perché volevo vivere all’insegna della passione, dell’irrazionalità
e dell’avventura romantica in un mondo che non osa più rischiare per queste
cose.
Quando lo vidi lo riconobbi subito, indossava una giacca scura sopra ad una
camicia bianca, leggermete aperta, che lasciava intravedere la sua virilità di
uomo impegnato e sempre impeccabile nella sua originalità. Mi piacque
terribilmente. Scesi dall'auto e mi diressi verso di lui. Max mi salutò con uno
splendido sorriso e mi chiese se volevamo entrare dentro nel bar, oppure
rimanere fuori, seduti ai tavolini all'aperto. Scegliemmo di restare fuori,
visto che la giornata ci regalava un tiepido sole. - "Cosa prendi?". - "Un
semplice caffé , grazie". Sedemmo,ordinammo due caffè e iniziammo a parlare,
mentre mi sentivo osservare, con lo sguardo complice. - “Che bel sorriso che
hai!". Era bello e allo stesso momento imbarazzante sentirsi così; al centro
dell'attenzione e studiata nei minimi particolari. Il mio imbarazzo cresceva e
intanto lo guardavo e mi sentivo morire, perché avrei voluto stringerlo lì,
davanti a tutti. Mi prese la mano e mi disse: ”E' un onore per me essere qui con
te". Pagò i caffè e c'incamminammo verso la sua auto. Improvvisamente mi
ritrovai le dita tra le sue; erano gelate e quasi non respiravo. Avevo
immaginato che tutto avrebbe dovuto essere diverso. Un nodo in gola e non avevo
la forza di obiettare, ma di ripetere solo ”sì, come vuoi tu”. Come in un sogno,
mi trovai nella hall, al bureau, per le solite formalità dei documenti e quando
lui mi disse con un lieve sorriso degli occhi: “Tieni il tuo documento”. Come in
trance entrai nell’ascensore. Sentii il suo braccio che premeva sul mio e così
entrammo nella stanza. Ci sedemmo un attimo.

Mi guardavo intorno un pò
spaventata e Max mi disse: “ Stella, cos’hai, tutto bene?”.
- "Non preoccuparti, sto bene, è solo un pò di ansia, mi dai un pò d’acqua, per
favore?.” Lui si avvicinò e mi abbracciò a lungo senza una parola.
Allora io cominciai a piangere silenziosamente, perché sentivo di essere molto
felice. Sentivo il suo calore e il suo desiderio pari al mio. Ne sentivo anche
l’inspiegabile candore: era il desiderio di toccarsi, di stringersi, ma di non
violarsi e nello stesso tempo di immaginare di farlo con tutta la passione di
cui eravamo capaci. Due anime fatte per il piacere, come forse non esiste, come
non è di questa terra e che qualunque luogo, qualunque situazione, qualunque
ora, li può contaminare, perché sono inadeguati.
In tutte quei giorni in cui ci eravamo sentiti e avevamo desiderato di
incontrarci, non avevamo fatto altro che pensare a come ci saremmo amati. Quando
tutto è troppo intenso prima e troppo atteso, ci si chiede quale forma di
piacere possa essere all’altezza di tale aspettativa. Volevo perdermi tra le sue
braccia… Mi prese la mano come ad una bambina, cominciò ad accarezzarmi e ormai
sapevo che quello che sarebbe successo l’avevo voluto.
A cura di: Nimue